I laghi, le montagne, il
Sacro Monte.
Sono gli elementi che, come nel Settecento seppero emozionare
Stendhal in viaggio per l’Italia, continuano a meravigliarci per la
loro bellezza.
Nelle giornate serene quando
la luce sa
disegnare profili sempre diversi o quando le nuvole nascondono e
rivelano i contorni, Varese è un tutt’uno con il Sacro Monte.
Impossibile pensare a questa città senza vederla sovrastata dallo
sperone roccioso su cui un pittore sembra aver dipinto un gruppo di
case strette attorno ad un agile campanile. Intorno tanta vegetazione
e la sagoma di alcune costruzioni in mezzo agli alberi sempreverdi e
a foglia caduca che, col mutare delle stagioni, offrono uno
spettacolo di innumerevoli colori.
Il Sacro Monte sorge
sull’antico
“Monte Orona “ poi di “Vellate”, su una propaggine rocciosa
del massiccio del Campo dei Fiori del cui Parco è oggi parte
integrante. Lo scenario naturale è di rara bellezza perché regala
scorci paesaggistici che spaziano dai laghi alla catena delle Alpi in
cui primeggia, tra tutti, il Monte Rosa.
Salire al Sacro Monte è una
consuetudine per molti varesini e per tanti altri che percorrono il
Viale delle Cappelle con lo spirito del pellegrinaggio devozionale
oppure per ritrovare, nel cammino, un momento di riflessione o
semplicemente di svago. L’ampio viale è, per tutti, un invito al
cammino.
Il percorso prende avvio dal
monumentale Arco d’ingresso sul quale troneggia la figura della
Madonna con in braccio il Bambino. Un tenero richiamo che sembra
rivolgersi direttamente anche ai più piccoli ed evoca un’antica
devozione di madri e bambini alla Madonna del Monte.
L’Arco spiega il tema al
quale la Via
Sacra è dedicata: i misteri del Rosario. A sottolinearne
l’importanza compaiono, ai lati della Vergine, le figure di San
Domenico, divulgatore della devozione al S. Rosario e quella di San
Francesco, fondatore dell’Ordine dei Cappuccini. A questo apparteneva
Padre Giovanni Battista Aguggiari che diede avvio alla
costruzione della Via Sacra affiancato da Giuseppe Bernascone detto
“il Mancino”, l’architetto che aveva edificato il campanile del
Santuario.
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In realtà, ancor prima
dell’Arco del
Rosario, sorge, isolata, la chiesa dell’Immacolata che anticipa la
salita al Sacro Monte costituito da quattordici cappelle e da un
Santuario dedicato all’ultimo mistero, l’Incoronazione di Maria. Fu proprio l’antica chiesa
di Santa
Maria “sita in monte Vellate” a dar origine, sin dal Medioevo, a
questo luogo di culto e di pellegrinaggio. La tradizione vuole che,
sin dal IV secolo, sant’Ambrogio avesse consacrato la cima di
questo monte in ringraziamento della vittoria riportata sugli ariani.
I resti della chiesa
medioevale possono
essere ammirati nella cripta della chiesa attuale, accessibile solo
da un passaggio esterno, dove sopravvivono preziosi affreschi
trecenteschi e quattrocenteschi che raffigurano scene della Natività
e figure di santi legati al tema del pellegrinaggio.
Il Santuario, posto sulla
cima del
monte, veniva raggiunto dai pellegrini attraverso impervi sentieri
che salivano seguendo il corso del torrente Vellone. All’inizio del
Seicento, Padre Aguggiari, raccogliendo il desiderio di suor Tecla
Maria Cid, monaca di clausura sul monte, elaborò l’idea di una Via
Sacra fiancheggiata da cappelle e fontane per offrire ai pellegrini
un cammino più agevole ed introdurli in preghiera ai misteri del
Rosario.
La prima fontana incompiuta,
detta
“della Samaritana”, si trova proprio appena varcato il primo
Arco. Di grande interesse è l’affresco sul muro di fondo che
rappresenta una visione del Sacro Monte con i due campanili e padre
Aguggiari.
L’ampio viale in salita
permette di
vedere le monumentali cappelle che illustrano i Misteri Gaudiosi,
Dolorosi e Gloriosi. Ognuna di esse è simile, nella forma, ad un
tempietto. Al loro interno, dietro pregevoli grate in ferro battuto,
una folla di statue a grandezza naturale rappresenta con
impressionante realismo i diversi Misteri con la presentazione dei
momenti salienti della vita di Cristo e della Madonna. Completano le
scene preziosi affreschi e decorazioni che invitano alla riflessione.
All’ombra dei porticati che circondano molte cappelle, si può
sostare per una preghiera ed ammirare il panorama.
Due Archi monumentali,
affiancati da
fontane, suddividono il percorso: San Carlo Borromeo, dall’alto,
guida il pellegrino al cammino dei Misteri Dolorosi mentre
Sant’Ambrogio, con il suo staffile, introduce a quelli Gloriosi.
Lungo la salita, tra la
sesta e la
settima cappella, si incontrano, in una piccola grotta, le statue
delle due Beate Caterina Moriggia da Pallanza e Giuliana Puricelli da
Verghera, fondatrici del Monastero di S. Maria del Monte che ancora
oggi ospita le Romite Ambrosiane.
Le cappelle, nel loro
insieme, denotano
l’unità del progetto che fu reso possibile dal sostegno e dai
consistenti contributi di illustri famiglie e dalle innumerevoli
offerte popolari.
Alla realizzazione
dell’intero
complesso, oltre all’ingegno ed all’opera assidua del Bernasconi,
concorsero noti artisti e scultori quali Dionigi Bussola, Francesco
Silva e Cristoforo Prestinari e numerosi pittori del territorio
milanese, varesino e comasco tra i quali spiccano i nomi del
Morazzone, Antonio Busca, Carlo Francesco Nuvolone, i fratelli
Recchi, i Lampugnani, il Legnanino, Pietro Gilardi. A fianco della
terza cappella, andato perduto l’affresco seicentesco del Nuvolone,
oggi compare la vivace “Fuga in Egitto” dipinta da Renato Guttuso
nel 1983.
Lunga è la lista di tutti
coloro che,
conosciuti o rimasti ignoti, lavorarono nella fervente “Fabbrica
del Rosario”, un progetto che seppe coinvolgere personaggi illustri
ma anche innumerevoli fedeli dei paesi vicini che contribuirono alle
ingenti spese di costruzione con le loro elemosine.
Il Santuario, quindicesima
cappella,
conclude il percorso. Eretto nel XV secolo su disegno di Bartolomeo
Gadio, fu ampliato e modificato nei secoli successivi. Sul maestoso
Altare Maggiore, opera di Giuseppe Rosnati, è posto il venerato
simulacro della Vergine con il Bambino. E’ scolpito nel legno di
colore scuro e denota linee bizantine: un tempo esso era esposto
tutto intero e dipinto mentre oggi è avvolto in un manto tessuto a
trama d’oro e d’argento che ne cela il primitivo aspetto.
E’ il momento di una sosta.
Sul
sagrato, a fianco del Museo Baroffio e del Santuario, la vista si
apre sul lago, sul Monte di San Francesco e sulle cime del Campo dei
Fiori. Sull’altro lato del cortile, il silenzioso ingresso del
Monastero delle Romite di S. Ambrogio ad Nemus: un’oasi di pace e
serenità.
All’uscita opposta, ai piedi
del
campanile del Bernascone, lo scultore Bodini ha realizzato un’imponente
statua di Paolo VI . Dall’attiguo Balcone del Mosè
da cui si è affacciato anche Papa Giovanni Paolo II, lo sguardo si
allarga verso l’incerto orizzonte scoprendo, in lontananza, i
grattacieli di Milano e le cime degli Appennini.
Riprese
notturne:
Dario
Monti
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