Michel de Montaigne. Viaggio in Italia (1580-1581)

Il 22 giugno 1580 Michel de Montaigne lasciò la nobile dimora in cui si era ritirato a vita privata con la famiglia per intraprendere un lungo viaggio verso l'Italia.

Poco più che trentenne aveva abbandonato la carriera di magistrato a Bordeaux per dedicarsi alle lettere. Nel castello omonimo, ereditato dal nonno, iniziò a scrivere l'opera a cui rimase maggiormente legato il suo nome e la sua fama: gli Essais, i volumi in cui, nel corso degli anni, annotò le sue idee e considerazioni riguardanti i più svariati argomenti che le letture e gli eventi gli suggerivano.


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Il “male della pietra”di cui soffriva gli procurava frequenti e dolorose crisi e, intorno ai quarantacinque anni, la sua salute cominciò a peggiorare. Fu allora che l'idea di trovare sollievo alla sua malattia lo indusse a partire dal Perigord per raggiungere in diversi stati europei alcune località termali famose sin dall'antichità per le proprietà terapeutiche delle loro acque.

Montaigne partì in compagnia del fratello Bernard, del signore di Casalis e di Charles d'Estissac che lo raggiunse a Beamont sur Oise, ognuno coi propri servi, muli e mulattieri. Insieme si diressero verso l'Italia attraversando la Francia, la Svizzera e la Germania per soggiornare in alcune importanti località termali. Sebbene il signor di Montaigne fosse il più anziano, durante il viaggio era il primo a salire in sella e a guidare la piccola comitiva durante il cammino che si svolgeva su una cavalcatura o a piedi fino a otto ore al giorno.

Mentre i giovani nobili che lo seguivano erano interessati soprattutto a raggiungere Roma per incontrarsi con amici e pari, Montaigne era animato da grande curiosità nei confronti di tutto ciò che incontrava lungo la sua strada. Oltre che per curarsi, la decisione di partire era maturata nella sua mente anche per il forte desiderio di ampliare il suo orizzonte culturale attraverso la conoscenza di nuovi luoghi e nuove persone.

Lo entusiasmava l'esperienza del viaggio che viveva con spirito incredibilmente moderno rispetto all'epoca. Già negli Essais aveva raccomandato ai giovani la visita di Paesi stranieri come potente mezzo di educazione ed istruzione “ pour en rapporter principalement les humeurs de ces nations et leur façons et pour frotter et limer notre cervelle contre celle d'autruy”. 

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Seguendo l'esempio del padre, scrisse un Giornale di viaggio per documentare il suo itinerario. Si tratta di un diario preciso ed attento ai particolari dapprima scritto dal segretario sotto dettatura, poi redatto personalmente da Montaigne parte in francese, parte in italiano che documenta non solo i luoghi visitati ma anche le abitudini e le particolarità degli abitanti dei diversi Paesi e riporta le considerazioni dell'autore. In alcune parti del testo è riservato particolare rilievo al suo stato di salute, alle manifestazioni talora invalidanti della sua malattia ed agli effetti delle cure con le varie acque termali.

Dopo aver soggiornato alle famose terme di Plombieres in Francia e di Baden in Svizzera, Montaigne visitò Augusta e Monaco in Germania, raggiunse Innsbruck e quindi, attraverso il Passo del Brennero, arrivò in Italia. Notò che il valico fosse molto sicuro ed assai frequentato da mercanti, vetturali e carrettieri. A fine ottobre “invece del freddo, col quale si scredita questo passo , trovammo un caldo quasi insopportabile”. La valle dell'Adige con i suoi castelli, la bellezza del Lago di Garda nell'escursione in barca a Riva, la monumentalità eccezionale dell'Arena di Verona “la più bella costruzione che il Signor di Montaigne avesse visto in vita sua”, Vicenza, Padova, l'arrivo in gondola a Venezia e l'incontro con le gentildonne veneziane. Il soggiorno per le cure ad Abano Terme, la visita di Ferrara, Bologna e la strada in direzione di Firenze anziché verso Imola per paura dell'assalto dei banditi.

L'attraversamento dell'Appennino avvenne “per strada scomoda e disagevole, in mezzo a monti selvaggi” dove sorgevano due locande note in Italia per i tranelli che si tendevano ai passeggeri. Avvisato dell'esistenza dei fuochi di Pietramala, località dove, di notte, si potevano vedere fiamme altissime levarsi dalla cima di una montagna, fu dispiaciuto per aver dimenticato di osservare il singolare e misterioso fenomeno.

Poco distante da Firenze, a Pratolino, fu la visita alla villa ancora in costruzione del Duca di Firenze a meravigliare Montaigne, stupito soprattutto dalla varietà e ricchezza dei giochi d'acqua.

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Parco di Pratolino, Firenze

A Firenze annotò che si trovava nella città più cara d'Italia con alberghi ed alloggi peggiori che in Germania e Francia. Nel suo Giornale egli è molto attento anche alle spese per il vitto, l'alloggio ed il noleggio dei cavalli.

Seguendo la strada per Siena e la via Cassia il gruppo giunse a Roma nel mese di dicembre per rimanerci alcuni mesi. Montaigne partecipò alla messa di Natale a San Pietro e seguì il cerimoniale del bacio del piede al Papa. Visitò la Biblioteca Vaticana e seguì le celebrazioni della Settimana Santa visitando le sette chiese prescritte dal rituale del pellegrinaggio.

Congedato il segretario, cominciò a scrivere personalmente il proprio diario annotando osservazioni sugli abitanti della città e delle sue usanze. Roma gli apparve una città “ tutta corte e nobili, con strade per lo più trascurate e inservibili per difetto di terreno e manovalanza”. Percorrendo la via Ostiense poté ritrovare antiche vestigia, resti di acquedotti ed importanti ruderi a testimonianza dello splendore di una civiltà ormai lontana. Seguendo il grande lastricato della Via Tiburtina si recò a Tivoli dove fu impressionato dal Palazzo e dal giardino del Cardinale di Ferrara ancora incompiuti.

Paragonandoli alla villa di Pratolino, con dovizia di particolari, descrisse i diversi meccanismi che permettevano di creare scenografici effetti d'acqua e particolari suoni.

Il 19 aprile 1581 lasciò Roma seguendo la Via Flaminia con l'intenzione di dirigersi verso Loreto. Lungo la strada segnalò l'iscrizione in cui il Papa Gregorio XIII dichiarava di aver aperto e costruito Via Buoncompagna, rendendo accessibile anche il transito delle carrozze. Il Santuario di Loreto in cui si venerava la Sacra Casa di Maria, era all'epoca meta di frequenti pellegrinaggi: ai numerosi ex voto presenti nella chiesa, Montaigne, prima di partire unì il proprio in cui erano effigiati, accanto alla Madonna, lui stesso, la moglie e l'adorata figlia Leonora.

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Bagni di Lucca, La Villa

Il viaggio proseguì verso Ancona, Urbino, Firenze, Lucca. Poco lontano, ai Bagni della Villa, trascorse diverse settimane per le cure termali. Sperimentò l'effetto sulla sua malattia delle diverse fonti presenti nella zona descrivendo in modo molto preciso le pratiche messe in atto ed i risultati ottenuti non sempre pari alle aspettative. Mentre si trovava ai Bagni ricevette una lettera dalla Francia che lo informava di essere stato rieletto Sindaco di Bordeaux. Restio ad accogliere la carica fu convinto da una missiva inviatagli personalmente dal re di Francia Enrico III.

Lasciata Firenze e Pisa riprese la strada per Roma attraversando la Val d'Orcia e, lungo la Via Cassia, raggiungere Viterbo. Il ritorno verso casa avvenne nel mese di ottobre ripercorrendo la stessa via dell'andata. Giunto a Lucca risalì lungo la costa fino all'antica Luni e quindi, desideroso di visitare Milano, da Pontremoli superò l'Appennino per raggiungere Parma, Piacenza e Pavia.

E salii, all'uscir di casa, l'Apennino alto assai, ma la strada punto difficile e pericolosa. Stettimo tutto il dì salendo e calando le montgne, alpestre la più parte e poco fertili”. A Fornovo finalmente racconta di essere uscito “dalle mani di quei furfanti della montagna dei quali s'usa tutta la crudeltà ai viandanti, sulla spesa del mangiar e locar i cavalli, che si possa immaginare”

Giunto a Milano descrisse la città come la più popolata d'Italia, piena d'ogni sorta di artigiani e mercanzia, non troppo dissimile da Parigi. In una giornata di intensa pioggia visitò il Castello, “grandissimo edificio e mirabile fortezza” ben munito dall'artiglieria e con 700 spagnoli posti a guardia.

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Il Castello di Milano nel XVII secolo

Per rientrare in Francia Montaigne scelse la via di Vercelli, Torino e la val di Susa fino a Novalesa.

Locai lì otto marroni, i quali mi portassero in sedia fino al Mon Senis e poi al calar di l'altra mi ramassassero”. Era consuetudine attraversare il Monceniso con i marroni cioè i portatori di ramassa, il traino utilizzato per la discesa. Il trasporto non risultò né particolarmente oneroso né pericoloso se Montaigne scrisse sul suo diario nuovamente in lingua francese : “passai il colle del Moncenisio parte a cavallo e parte su una sedia portata da quattro uomini che si davano il cambio. Essi mi reggevano sulle spalle. La salita è di due ore , sassosa e malcomoda per i cavalli che non vi sono avvezzi, ma per il resto senza rischi e difficoltà. La discesa è di una lega , ripida e dirupata; giù da questa mi feci ramassare dai miei stessi marroni(...). E' un divertimento piacevole, senza nessun pericolo e senza gran rischio”.

Era il mese di novembre ed il passo era coperto di neve. Attraversate le Alpi ora il pensiero era di tornare rapidamente alla propria dimora : dopo diciassette mesi e otto giorni Montaigne, l'ultimo giorno di novembre del 1581, rientrava nell'omonimo castello.

maggio 2020 Rosalba Franchi