Le botteghe su due ruote che fecero rinascere l'Italia Pensieri su una mostra di professioni e biciclette d'altri tempi di Roberto Serafin |
||
|
Non è detto che la bici sia
innanzitutto un mezzo per divertirsi. E ciò anche se Michel Embacher
ha le sue ragioni per affermarlo nel bel libro fotografico
“Ciclopedia” (Edizioni L’ippocampo 2018), tutto un susseguirsi
di immagini ciclistiche da far venire l’acquolina in bocca agli
appassionati, dai tandem alle pieghevoli alle bici da corsa definite
senza esagerazione dall’autore oggetti sensuali.
E’ da quel dì che la bici suscita un diluvio di apprezzamenti anche da parte di letterati come Alfredo Oriani, entusiasta cultore delle scampagnate in bici, come ci ricorda Guido Giardini nel pioneristico manuale “Andare in bicicletta” (Sperling & Kupfer editori, 1931). Dalle cui pagine, se interessa, si apprende che il Duce definiva il ciclismo come “lo sport dei poeti”. Una delle rare occasioni in cui si può essere d’accordo con Mussolini. Ai primi del Novecento in Italia le biciclette circolanti erano addirittura più di cinque milioni. Non che oggi siano molte di più. Il 2024 si è chiuso con oltre 1,3 milioni di unità vendute. Tutte tecnicamente molto cambiate rispetto a quei primordi. Il futuro ci riserva invece un’e-bike che si ricarica pedalando e ha 160 chilometri di autonomia. Ma la passione dei pedali è da considerarsi immutata e sempre più lo sarà. Le biciclette che
circolavano nell’Italia del fascismo erano perlopiù tuttofare.
Erano usatissime dagli operai per andare al lavoro in fabbrica, ma
anche dai bersaglieri per deliziare folle plaudenti alle adunate.
In bicicletta ci si conquistava montagne impervie. L’austriaco Hermann Buhl raggiunse nel dopoguerra in bici la Val Bregaglia e percorse in solitaria l’aspra parete nord del Badile. Al ritorno, stanchissimo, precipitò in bici nelle acque tumultuose dell’Inn e si salvò per il rotto della cuffia. E
veniamo alle biciclette legate ai mestieri ambulanti. Elaborate,
ingegnose, fanno ormai parte a pieno titolo della storia di un’Italia
che pedala. E oggi sono pressoché introvabili. Qualche esempio?
L’arrotino pedalando girava per le strade cittadine e di campagna
offrendo i suoi servizi. A Milano gli affilacoltelli li chiamavano
“Mulita” se la memoria non
tradisce chi scrive. La bici era in
quel caso montata su un cavalletto. Pedalando a più non posso
l’artigiano faceva girare la mola destinata a compiere
l’affilatura. Era una faccenda che si risolveva in fretta. “Ghe
voeur un quej des minut”, assicurava l’artigiano. E dopo dieci
minuti ad affilatura compiuta si spostava a cercare clienti nei vari
quartieri della città.
Ce n’erano in giro
parecchie di “botteghe a due ruote” anche e soprattutto nei paesi
più isolati come testimoniò nel 2023 a Carrara una straordinaria
mostra curata dall’appassionato Umberto Franchi titolare di
un’azienda di marmi. Era un’esposizione interamente dedicata alle
biciclette d’epoca destinate ad antichi mestieri. Accuratamente
restaurati e tirati a lucido, ripresero a vivere storici velocipedi
adattati a varie esigenze. Risalenti al periodo tra i primi anni del
Novecento e il secondo dopoguerra, questi mostri antidiluviani a
pedali offrirono a due passi dalla bellissima piazza Alberica uno
spaccato di vita popolare documentando antichi mestieri, alcuni dei
quali da tempo scomparsi. Diciassette furono i pezzi originali che
riportarono indietro i visitatori fino agli anni Venti per arrivare
ai Sessanta.
Si è capito allora
che
diversi mestieri e attività commerciali si svolsero in passato su
due ruote. Specialmente quando dopo la seconda guerra mondiale
l’Italia ricominciò a vivere e a crescere. L’esposizione di cui
qui si forniscono alcune immagini venne realizzata con la
collaborazione della Danae Project e si tenne presso lo
spazio Mantica Project di proprietà dell’azienda “Franchi
Umberto Marmi” nel centro di Carrara. Non è difficile immaginare
che la raccolta di tali veterane sia stata impegnativa. Fu molto
ammirata la bicicletta dell’azdora, l'amministratrice della casa
romagnola, una vera e propria reggitrice dell’impresa domestica e
custode delle tradizioni. Pedalando, costei controllava e gestiva
tutte le attività legate al sostentamento della famiglia. “Questa
mostra”, osservò il curatore Alberto Franchi, “nasce dalla
passione che nutro per gli oggetti d’epoca. Ho pensato che potesse
incuriosire un pubblico di appassionati, ma che coinvolgesse anche i
più piccoli, divertendoli con cineforum e laboratori creativi”.
Ottime idee, ma difficilmente replicabili senza un’assoluta passione di collezionista. Intanto possiamo crogiolarci al pensiero di come il mondo sia cambiato insieme con le bici. In netta crescita è il servizio di bike sharing con l’affitto temporaneo di biciclette pubbliche. A Parigi la “petite reine” è regina anche nelle situazioni di traffico più congestionato e 20 mila bici a noleggio sono a disposizione del cittadino in 1500 parcheggi della Ville Lumière. Chi si ricorda più delle “botteghe su due ruote?”.
Vedi anche: 1884 - Giro d'Italia in Tandem triciclo |
||
|
Natale
2025 -Testo e foto di
Roberto Serafin
|