Il viaggio via mare


 

Nel Medioevo un viaggio via mare era un'esperienza tutt'altro che agevole. I pellegrini venivano stipati come chicchi di grano su piccole ed instabili imbarcazioni dove, per sei settimane, dovevano restare a cibo e acqua conservati, a noia, malattie e a scomodità di ogni genere. I pellegrini più abbienti potevano alleviare le durezze del viaggio spendendo qualcosa in più. A Venezia si potevano prendere due tipi di imbarcazioni: grandi galere a remi, comode e sicure, ma molto costose; piccoli vascelli per uso dei poveri, che venivano riempiti fino all'inverosimile.

Ai pellegrini veniva consigliato di portarsi qualcosa su cui sdraiarsi e indumenti caldi, oltre a provviste (formaggio, salsicce, carne salata, biscotti bianchi, pani di zucchero e dolciumi) per integrare la magra dieta fornita dalla nave, e a qualche spezia forte per curarsi indigestioni e mal di mare. Dopo la fame e l'insonnia, la noia era il principale problema dei passeggeri. Per occupare il tempo alcuni passavano la giornata a bere, altri a giocare a carte o ai dadi, anche gli scacchi erano un gioco molto comune. Sullo sfondo si sentiva da mattina a sera cantare in coro. Un piccolo gruppo di pellegrini contemplativi si riuniva in un angolo a scrivere o a pregare. Altri dormivano giorno e notte. Molti scrivevano il diario di viaggio. L'unico passatempo organizzato erano le prediche. La tediosa calma di un lungo viaggio in mare era di tanto in tanto disturbata dalla comparsa dei pirati.

La legge del mare imponeva a tutti i passeggeri di partecipare alla difesa della nave e i pellegrini, sebbene fossero esenti da quest'obbligo a causa dell'ispirazione religiosa del loro viaggio, combattevano di solito con lo stesso coraggio degli altri. Nonostante il peggiorare dei rapporti tra Islam ed Occidente con un conseguente aumento di tasse e pedaggi, i pellegrini continuavano ad andare in Terra Santa, soprattutto grazie all'iniziativa dei Veneziani. Le severe norme imposte dalla Serenissima infatti garantivano un elevato grado di sicurezza del viaggio ed una moralità commerciale che altri porti non offrivano (gli armatori genovesi e pisani erano sospettati di vendere i passeggeri come schiavi nei porti arabi).

Vantaggi che offriva il porto veneto: - essendoci molte navi che salpavano l'attesa per imbarcarsi era di pochi giorni - il porto, per la sua posizione geografica, era al sicuro dagli attacchi dei pirati - i Veneziani scortavano i pellegrini per gran parte del percorso - la moneta veneziana era tra le più stabili in tutto l'Occidente, inoltre era l'unica ad essere legale anche nei territori arabi - i Veneziani erano una buona compagnia.

Le galere autorizzate dalla repubblica partivano per Giaffa ogni anno, subito dopo l'Ascensione, e ritornavano in autunno. Quando le richieste erano numerose partivano da Venezia due flotte, una in marzo e l'altra in settembre. La quota pagata comprendeva vitto e alloggio per tutto il viaggio, compreso il soggiorno in Terra Santa; l'armatore, che di solito era anche il capitano della nave, pagava tutte le tasse e i pedaggi, le spese per gli asini e i cavalli da soma, le visite guidate di Gerusalemme e le escursioni speciali al Giordano. La popolarità di questi viaggi era totalmente dovuta all'alta reputazione di cui godevano gli armatori veneziani.

La repubblica veneta cominciò ad autorizzare e regolare il traffico dei pellegrini a partire dagli inizi del XIII secolo (numero massimo di pellegrini per ogni nave e data di partenza). Vi era un lungo contratto Giaffa-Venezia nel quale erano stabiliti i diritti e i doveri del pellegrino. All'inizio del XV secolo però le controversie tra i due porti erano diventate tali e tante che nel 1437 la repubblica veneta aveva preso l'estrema misura di sospendere i pellegrinaggi annuali via mare. Questi furono ripresi nel 1440 su basi diverse, ma con un progressivo declino, finché l'interesse per i luoghi santi svanì, e gli armatori non furono più in grado di offrire viaggi a buon mercato.