IL PELLEGRINO DI CIVATE
Casa dell’Accoglienza

di Carlo Castagna


San Pietro

Estratto a cura della redazione

La prima edificazione del monastero di San Pietro al Monte sul pendio scosceso del Pedale, nella seconda metà dell’VIII secolo, non dava origine soltanto a quel complesso monastico che nella storia, da allora a oggi, si conobbe sotto il nome di Monastero prima di San Pietro e poi di San Pietro e Calocero di Civate. Infatti, essa determinò come sua conseguenza la realizzazione successiva di diversi oratori ed edifici di complemento funzionale e d’appoggio al monastero stesso, tra cui xenodochia o hospitia d’accoglienza e cura, destinati ai numerosi pellegrini e visitatori dello stesso complesso monastico.

Il primo di questi particolari edifici d’appoggio sorse a debita distanza dal primitivo insediamento, sulla bassa collina verdeggiante, alle pendici del poggio del monte Pedale su cui s’affaccia ancora oggi, mirabilmente, la splendida basilica di San Pietro al Monte. La collina, discretamente boscosa, ancora oggi è denominata Scola, derivando il toponimo millenario proprio dalla presenza di una schola, confraternita di disciplinati laici che ne curò la manutenzione nel tempo. Si trattava di una costruzione rustica di discrete dimensioni, con annesso un piccolo luogo di culto a oratorio destinato alle pratiche religiose degli ospiti temporanei.
Di esso oggi ancora rimane qualche traccia di muratura fra le poche abitazioni rustiche e l’oratorio di S. Maria, poi di S. Rocco, completamente trasformato nel XX secolo.

A Civate v’è traccia sicura di almeno due hospitali.

Il più noto fu certamente il Pellegrino, sorto a partire già dal IX secolo, xenodochium adibito a ricovero gratuito per ospiti di vario genere. Fungeva pure da hospitale, a supporto dei viandanti, ma soprattutto dei devoti che, percorrendo da nord le derivazioni germaniche della Via Francigena, diretti a Roma dal centro Europa o provenendo da oriente per Campostela, sostavano presso l’antica abbazia di San Pietro e Calocero, venerando poi le sacre reliquie più antiche sul monte.

Nella più antica ala settentrionale dell’edificio, o almeno la metà che ne rimane oggi, si apre il portone d’ingresso, in semplice legno massiccio, che s’affaccia sull’antica glarea strata romana, l’unica strada che allora, salendo dall’antica clavis del ponte romano collocato sul Rio Torto, immetteva nel borgo murato.
Il portone stesso non ha alcun segno distintivo, neppure stipiti in ghiandone o architrave con stemma distintivo. Ricorda i semplici portoni delle contigue case contadine “a corte” della zona. E infatti introduce a un passaggio sopra cui si trovano le salae pictae in cui un tempo si aprivano solo strette finestrelle a sesto acuto. A fianco del passaggio in lieve salita e acciottolato, si apre sulla sinistra una stalla. Sulla destra del passaggio un altro ambiente ora è stato trasformato in servizi. Precede il cortile un basso porticato sostenuto da due colonne diseguali, realizzate con materiale edilizio di recupero di costruzioni molto più antiche.
Segue il grande salone “a giorno” con camino.


Pellegrino
Pellegrino

Il piano superiore è composto da un ampio salone con due finestre che si aprono sul cortile e le tracce della presenza, un tempo, di un camino. Scendendo due gradini si accede a un ambiente più angusto sulla cui limitata parete meridionale si ritrova ancora un’immagine di Sant’Agata accanto a una Santa Barbara. Da qui si accede alle due meravigliose salae pictae. Le due salae sono un’esplosione di colori in cui si svolgono due cicli d’affreschi cortesi e di caccia, tra festoni, nastri, stemmi nobiliari dei Visconti e dei De Madiis con simbologie sacre da cui si evince il costante riferimento alla corte visconteo sforzesca. Si potrebbe presumere che la grande sala con camino servisse da dormitorio comune, mentre le salae pictae fossero riservate agli ospiti di riguardo.
O
ra il Pellegrino è affidato alla preziosa cura, manutenzione, tutela e promozione culturale offerta dai giovani dell’Associazione Luce Nascosta.

Uno xenodochium, meno conosciuto, è appena accennato in località Pozzo. Collocato in cima all’erta, probabilmente aveva sostituito un’antica taberna romana, semplice osteria senza pretese presso cui viaggiatori e carrettieri, sudati e affaticati dalla salita impegnativa, sostavano volentieri per bere un potus, un bel bicchiere di vino denso e resinoso.
L’edificio si affacciava direttamente sul percorso della glarea strata romana che, risalendo la collina di Civate attraverso via del ponte e cà nova, attraversava come oggi il borgo murato fino sull’erta. 


mappa

A: San Pietro al Monte, B: San Calocero, 1: Hospitium primitivo, 2: Pellegrino, 3: Pozzo

Da lì il percorso continuava costeggiando a nord i laghi d’Annone e Pusiano per dirigere verso Como, ma al trivium di Incino si diramava anche a sud per raggiungere Giussano, quindi verso Milano attraverso Seregno, Desio, Nova Milanese e per Monza, seguendo la direttiva di Carate.

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libro

Per una trattazione completa storica, architettonica, artistica e del restauro:

… RE VESCOVI ABATI, VIANDANTI E PELLEGRINI
di Carlo Cantoni, Carlo Castagna e Giacomo Luzzana
ed. Il Faro, Oggiono, 2021



Per le visite: http://www.lucenascosta.it

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Luglio 2021, Carlo Castagna