Il viaggio sul Sempione, immagini e racconti

 

 

" Alle cinque del mattino, Milano rimase ben presto dietro a noi, e, prima che la statua dorata, posta in cima alla guglia del Duomo si perdesse nell'azzurro del cielo, le Alpi, presentando una meravigliosa confusione di creste e di picchi maestosi, di nubi e di neve, troneggiavano sul nostro cammino."

E' il racconto di C. Dickens in partenza da Milano in una fredda giornata di fine novembre per il viaggio di ritorno verso l'Inghilterra. Con il pensiero immaginiamo di essere a metà Ottocento - le Impressioni sull'Italia sono pubblicate nel 1846- e di seguire Dickens nel suo itinerario lungo le sponde del Lago Maggiore, la Val d'Ossola e la salita al Passo del Sempione.
Contrariamente alla maggior parte dei racconti di viaggio sul Sempione, questo itinerario si svolge da Milano verso le Alpi e non viceversa. L'autore racconta di essere partito da Milano alle cinque del mattino e di aver viaggiato sino a sera per arrivare sulle rive del Lago Maggiore, in vista delle Isole Borromee.

Alle dieci di sera, arrivata a Domodossola, la comitiva si procurò una piccola vettura con la quale cominciò la salita per il passo del Sempione. Era la fine di novembre e, lungo la strada c'era la neve che rendeva difficoltoso procedere. Confortati dal chiarore della luna i passeggeri attraversarono le tortuose gole di Gondo in mezzo ad un paesaggio aspro e selvaggio interrotto, di tanto in tanto, dal rumore dei torrenti. Verso l'alba D. racconta di essersi fermato per la colazione in una casa di legno solitaria, ben riscaldata da una stufa. Proseguirono quindi il cammino salendo su una slitta trainata da quattro cavalli; in tal modo, procedendo nella neve con molta fatica riuscirono a raggiungere il Passo.
" Eravamo appunto sulla cima della montagna e davanti a noi si ergeva la rozza croce di legno che ne indica la massima altezza sul livello del mare, quando la luce del sole sorgente rischiarò ad un tratto il deserto di neve, colorando questa di rosso scuro. La solitaria bellezza della scena era allora al massimo dello splendore. Nessuno può immaginare uno spettacolo più grandioso..."


La discesa a rapide serpentine fu veloce fino al fondovalle della Saltina. Finalmente, superati gli ultimi dirupi il paesaggio diventava più dolce e davanti agli occhi del nostro viaggiatore comparivano i tetti rosso verdastri e i campanili della città svizzera di Briga.
Seppur fortemente impregnata della sensibilità romantica, la descrizione, nella sua sinteticità ci fornisce un'interessante immagine di un viaggio che all'epoca, aveva sicuramente un certo fascino. Non solo; essa ci fornisce indirettamente informazioni su tempi di viaggio, punti di sosta, mezzi di trasporto.
Interessante anche, in controtendenza rispetto ad altri racconti di viaggio, l'idealizzazione del paesaggio in terra svizzera. Dopo la difficile salita al Sempione dal versante meridionale, al di là del passo, si aprono "regioni più calde, aria più quieta, un paesaggio più dolce dove nella rugiada rischiarata dal sole e scintillante come oro e argento si alzavano i tetti di una città svizzera". (Briga).

Scrivendo la guida itineraria "Il Sempione. Da Milano a Briga" abbiamo voluto idealmente seguire questo viaggio cercando di confrontare quanto i viaggiatori ottocenteschi raccontano nelle loro descrizioni con ciò che oggi possiamo scoprire e conoscere lungo l'asse del Sempione.
Nell'Ottocento, percorrendo la strada napoleonica del Sempione, all'uscita da Milano si attraversavano villaggi e paesi descritti con tocchi rapidi ma efficaci da Carlo Amoretti nel suo "Viaggio da Milano ai tre laghi Maggiore, di Lugano e di Como e nei monti che li circondano" edito per la prima volta nel 1794 ma successivamente ripubblicato in varie edizioni a dimostrazione della diffusione e fortuna dell'opera.
La competenza sia in campo letterario che scientifico di Carlo Amoretti ( fu bibliotecario all'Ambrosiana di Milano e Canonico Onorario della Basilica di Sant'Ambrogio) traspaiono nel suo testo che fu ripreso da altri per la compilazione di guide itinerarie nell'Ottocento. Accanto ad informazioni storiche ed archeologiche egli propone infatti dettagliate osservazioni scientifiche e notizie di economia agraria.


Con Amoretti viaggiamo in carrozza da Milano a Gallarate: lasciata alle nostre spalle la città con l'Arco trionfale del Sempione progettato da Luigi Cagnola in stile neoclassico, visitiamo la silenziosa Certosa di Garegnano citata dal Petrarca ed attraversiamo campi coltivati, marcite, risaie e piccoli borghi.
" Alla Castellanza, picciola terra ove è una comoda osteria , si tragitta il fiume (Olona) che comincia qui ad aver l'alveo profondo, e si sale sull'opposta sponda in un'ampia pianura, ed indi a poco giugnesi ad altra osteria detta la Cassina delle Corde o del Buon Gesù" Alla citata Cascina delle corde o del Buon Gesù le carrozze si fermavano per il cambio dei cavalli. Sul luogo dell'antico caseggiato con corte e colonnato (visibile lungo il Sempione fino a pochi anni fa) che nell'Ottocento costituiva una stazione di posta, oggi sorgono edifici residenziali e commerciali.
Anche della landa boschiva della Selva Longa tra Castellanza e Gallarate, tristemente famosa perché come racconta Cesare Cantù a metà Ottocento " non correva settimana senza che si udisse di rapine e assassini", resta solo il ricordo.


Passata Gallarate e Somma Lombardo con l'imponente castello visconteo, a Sesto Calende, si attraversa in barca il Ticino e si prosegue lungo la sponda del Lago Maggiore.
Il primo ponte in ferro sul Ticino fu inaugurato nel 1882 : esso prevedeva due piani di scorrimento, uno per il passaggio della linea ferroviaria, l'altro , quello superiore, per la strada. Fu più volte bombardato durante la seconda guerra mondiale e distrutto nel 1944.
L'attuale ponte cominciò ad essere utilizzato per la ferrovia nel 1951 mentre per la strada del Sempione fu utilizzato l'anno successivo quando fu distrutto da un temporale il già dismesso ponte di barche.
Di Sesto Calende parla Teophil Gautier nel suo "Voyage en Italy " del 1857


"Sesto Calende ci piacque molto. Era una giornata di mercato. Circostanza favorevole per un viaggiatore perché un mercato fa venire dalle campagne una folla di contadini caratteristici che sarebbe difficile vedere altrimenti". Egli descrive "i tetti di tegole spioventi, le mura imbiancate di calce, le serrature complicate delle finestre che mettono Sesto Calende molto vicino a Irun o a Fontarabia"(...) La imbiancatura annuale delle pareti delle case ha rispettato gli affreschi di cui alcuni sono molto antichi e rappresentano soggetti religiosi". La cinquecentesca Madonna con Bambino che egli annota è ancora chiaramente visibile nella piazza centrale di Sesto.
Lungo l'itinerario sulle sponde del Lago Maggiore è preziosa la guida "Sul Lago Maggiore e dintorni" che Luigi Boniforti pubblicò nel 1857.
Sono descritti tutti i luoghi attraversati con le loro caratteristiche : Arona, Lesa, Belgirate, Stresa e le Isole Borromee, Baveno e Feriolo.
Il paesaggio, molto dolce ed ameno, è caratterizzato da tratti di strada descritti come "deliziose passeggiate frequentatissime da nativi e forestieri per ragioni di commercio, villeggiatura o diporto" . E' il caso del tragitto che si percorre da Arona a Meina o da Lesa a Belgirate dove il passeggio è un susseguirsi di eleganti ville e palazzetti, sontuosi giardini, balconi gremiti di oleandri, garofani, verbene ed ogni altro genere di fiori.


A Vogogna, una nobildonna inglese (A. Lady) che percorre l'Italia a cavallo, racconta la sua esperienza di viaggiatrice: per attraversare il fiume Toce, dopo l'alluvione del 1834 che ha distrutto il ponte, deve prendere un traghetto.
" Le opere di muratura su cui si reggeva il ponte che porta i viaggiatori a Vogogna sono ancora intatte, ma il ponte portato via nel 1834 non è ancora stato rifatto per l'indolenza italiana. I traghetti sono piccoli e senza parapetti". Il pericolo del sovraffollamento di animali caricati sul piccolo traghetto viene fugato dalla comitiva in modo poco ortodosso ma assai efficace: " Pur avendo pagato il biglietto, demmo il triplo come buona mano ed attraversammo senza buoi".

I racconti che descrivono il viaggio da Domodossola al Passo del Sempione e la discesa verso Briga sono molti ed ognuno di essi, dai più famosi a quelli più sconosciuti, meriterebbe particolare attenzione. In essi, poiché la maggior parte dei viaggiatori proviene dalla Francia o dal nord dell'Europa, prevale la descrizione dell'itinerario da nord a sud delle Alpi. Notevoli per il loro valore documentario le pagine di Brockedon o le incisioni dei Lory nel celebre " Viaggio pittoresco da Ginevra a Milano attraverso il Sempione" ma altrettanto interessanti e piacevoli i racconti di Stendhal,Duprè, Cooper, Flauber, Topffer .

L'entusiasmo che la costruzione della strada napoleonica suscitò in molti scrittori traspare nei diari di viaggio dove viene riconosciuta l'importanza di quest'opera dell'uomo che ha saputo, con il proprio ingegno, superare le difficoltà di un ambiente naturale difficile come quello del valico alpino sul Sempione.
Le gole di Gondo, per la loro asprezza e suggestione, sono uno dei punti della strada che più colpiscono la fantasia dei viaggiatori; accanto ai pericoli derivanti dalle possibili cadute di massi o dal precipitare improvviso delle valanghe, essi descrivono il paesaggio ostile che li circonda ma anche i punti di sosta e la calda ospitalità offerta dai monaci all'ospizio posto sul Passo.
I racconti sono sempre molto soggettivi e mettono in risalto gli elementi che meglio contraddistinguono la personalità dell'autore. Quando lo scrittore è un uomo di scienza più che un letterato la prosa è sobria, sintetica e le informazioni sono essenziali.
Negli appunti di viaggio sul Sempione di Alessandro Volta (1787), per esempio, sono annotate accuratamente la temperatura dell'aria e dell'acqua delle località in cui egli sosta accanto ai valori segnati dall'igrometro e dall'elettrometro.


Al contrario lo scrittore A. Dumas nelle sue "Impressioni di viaggio in Svizzera " del 1832 celebra, non senza retorica, la bellezza della strada napoleonica del Sempione.
"Questa strada, che rivaleggia con quelle di Tiberio Nerone, di Giulio Cesare e di Domiziano, alla quale hanno lavorato tutti i giorni per tre anni tremila operai (...)Tocca ai compilatori di itinerari e non a noi precisare quanti ponti si passano, quante gallerie si attraversano, quanti acquedotti si scavalcano. Noi preferiamo rinunciarvi , tanto più che nessuna descrizione è in grado di dare un'idea dello spettacolo che s'incontra a ogni passo, dei contrasti e delle armonie che formano tra loro le valli del Ganter e del Saltina, dei salti delle cascate che si riflettono sugli specchi dei ghiacci".
Nel racconto della strada percorsa da Briga al confine, Dumas descrive il paesaggio idealizzando il suolo italiano: accolgono il viaggiatore " i tiepidi soffi del vento d'Italia", " i gruppi di case bianche coi tetti piatti, come cigni che si scaldano al sole"; "le meravigliose città di cui i poeti vi hanno raccontato tante storie". Non solo, anche la toponomastica sembra essersi ingentilita : " tutti i nomi delle città finiscono ormai con una dolce vocale" e così pure il paesaggio " le case bianche prendono il posto delle grigie baite, la vigna si arrampica sugli alberi della strada , si sospende in pergolati che fanno arco al vostro cammino" e gli abitanti del luogo " al posto delle contadine gozzute del Vallese, s'incontrano ad ogni piè sospinto belle vendemmiatrici dalla carnagione chiara, dagli occhi di velluto, dal parlare rapido e dolce".
L'unico aspetto negativo del viaggio che l'autore, suo malgrado, sperimenta è la solitudine : " E' una cosa triste essere solo in viaggio , non aver nessuno che condivida le nostre emozioni di gioia e di paura".

  Convegno Domodossola 26.11.05, Rosalba Franchi Dario Monti