EGERIA PELLEGRINA IN TERRASANTA

 

 

Non sappiamo con precisione il suo nome né la sua terra d'origine. Sappiamo, però, con certezza che, nel IV secolo ella intraprese verso la Terrasanta un lungo viaggio di cui ci ha lasciato un prezioso diario.
Il mistero che aleggia attorno alla figura di Egeria o Etheria, alla sua identità ed al fortuito ritrovamento di parte del suo "Itinerarium", contribuiscono a rendere ancora più interessante questa straordinaria figura femminile dell'età antica. Di lei, tuttavia, forse non ne avremmo mai sentito parlare se, circa un secolo fa, nel 1884, l'aretino Gian Francesco Gamurrini non avesse ritrovato nella biblioteca della sua città un codice latino.

Si trattava di una sorta di diario di viaggio scritto da una donna che aveva compiuto una peregrinazio in Terrasanta. Lo scritto restò anonimo sinchè, nel 1903, l'abate Ferotin avanzò un ipotesi che incontrò larghi consensi. L'autrice di questo "Itinerarium" poteva essere identificata con la "beatissima Egeria", donna straordinaria additata come modello di virtù dal monaco Valerio di Bierzo nel VII secolo. In una lettera rivolta ai confratelli di una abbazia situata nella regione del Bierzo (nella Spagna settentrionale, tra l'attuale Galizia e l'antico regno di Leon), Valerio, infatti, ne celebra l'operato lodando in particolare l'impegno profuso nel visitare personalmente i luoghi biblici.

Ma chi era, in realtà, Egeria?
Una monaca badessa o una nobildonna colta appartenente ad un circolo religioso e culturale? Oppure semplicemente una pellegrina? Scrivendo il suo diario ella si rivolge ad un gruppo di sorelle lontane rimaste in Occidente: sono le consorelle del monastero come vorrebbe il monaco Valerio o piuttosto dame aristocratiche a lei legate da uno stretto rapporto di amicizia? Il codice aretino non ci fornisce certezze a riguardo. Ci offre, invece, alcuni indizi sulla provenienza di Egeria.
La descrizione del fiume Eufrate, paragonato al Rodano con il quale l'autrice sembra avere una certa familiarità, potrebbe far supporre la sua provenienza dalla Gallia meridionale. Altri comunque la riterrebbero originaria della Galizia.

Partendo per la Terrasanta, presumibilmente tra la Pasqua del 381 e quella del 384, Egeria affrontò i disagi e i pericoli di un viaggio asssai lungo svoltosi per mare, sui carri, a cavallo, sul dorso di asini e cammelli, a piedi. Giunta probabilmente a Costantinopoli via mare, Egeria raggiunse Gerusalemme attraverso la grande strada militare che percorreva la Bitinia, la Galazia e la Cappadocia, via che seguì anche per il ritorno come lei stessa racconta. Arrivò a Tarso attraverso la difficile catena del Tauro attraverso le celebri "Porte Cilicie", visitò Antiochia, Sycamina (oggi Haifa) e quindi, passando per Emmaus, giunse a Gerusalemme.

Nella Città Santa, da cui fu particolarmente colpita, si fermò tre anni senza peraltro rinunciare ad abbandonarla periodicamente per visitare i luoghi della tradizione biblica. La regione del Sinai, la Giudea, la Samaria e ancora l'Egitto e la Tebaide con i suoi anacoreti rappresentano per Egeria altrettante tappe obbligate del suo viaggio. Legge puntualmente i passi della Bibbia che descrivono i luoghi delle sue visite e sembra, con la sua presenza fisica, voler suggellarne la reale esistenza e storicità.

La fede e la profonda moivazione che sostengono i suoi viaggi la spingono ad affrontare anche imprese ardue come le estenuanti ascensioni a piedi sulle montagne sacre: il Sinai, il Nebo, il Tabor, lo Hetrmon, il Monte delle Beatitudini, il Monte della Quarantena presso Gerico. La fatica non sembra offuscare il suo gusto per la bellezza del paesaggio e la naturale attenzione verso immagini edeniche di giardini verdeggianti ed acque limpide. Nelle sue descrizioni traspare una sorprendente sensibilità.
Quando visita il luogo di Aenon dove, secondo la tradizione, predicava e battezzava Giovanni il Battista, indugia nel ritrarre la "valle amenissima" e il "frutteto gradevole" dove il sacerdote mostra "una sorgente di acqua molto buona e pura che forma un vero e proprio ruscello".
Egeria lascia il luogo dopo aver ricevuto delle eulogie, doni o " benedizioni" consistenti in piccoli oggetti ricordo come ampolle oppure frutta o tralci di verzura che i pellegrini portavano con sé in ricordo dei luoghi visitati. A lei ed alla sua comitiva, ad Aenon, viene offerto un frutto, l'eulogia più comune.



Felice ella riprende il suo cammino ma la sua contentezza esplode a Seleucia dove incontra un'altra donna, la diaconessa Marthana: "Quale gioia per lei e per me quando ci incontrammo!" è il suo grido.
In mezzo alle fatiche di un viaggio spesso compiuto in solitudine, anche l'incontro con un'altra donna poteva sembrare un miracolo.

... Continua

  Rosalba Franchi