Nei primi decenni dell'Ottocento
le campagne lombarde richiamavano visitatori da ogni parte d'Europa
: la Lombardia era meta di viaggi di studio da parte di tecnici
ed agronomi desiderosi
di conoscere personalmente le ragioni della ricchezza di questo
territorio.
In realtà, già nel xv secolo, Philippe de Commynes
attraversando la Pianura Padana in occasione della discesa del
re di Francia Carlo VIII e del suo esercito, descrive nelle sue
"Memorie" in toni entusiastici le campagne della Bassa
solcate da canali e rogge.
Anche l'inglese Thomas Coryat ( 1577-1617) celebra la Lombardia
per la fiorente agricoltura e per il sapiente utilizzo delle
acque. E proprio il sistema di irrigazione delle campagne lombarde
diventa, a fine Settecento, un punto di riferimento obbligato
per gli studiosi, non solo italiani, di agronomia.
"Per tutto il viaggio
abbiamo potuto ammirare con quanta straordinaria ingegnosità
i lombardi abbiano saputo utilizzare i corsi dei fiumi che scendono
dalle Alpi per irrigare e rendere fertile questa vasta pianura
che altrimenti sarebbe stata simile alle aride lande di Bordeaux;
l'intero territorio è attraversato da una fitta rete di
canali che distribuiscono l'acqua nelle più svariate direzioni
e differenti distanze. In alcune zone si notano dei canali paralleli,
sopra cui passano tre canali più elevati che fanno giungere
l'acqua in altri luoghi ancora. Sembra che in queste regioni
ci si occupi di irrigazione da tempo immemorabile; del resto
le opere realizzate sono incredibili" scrive ammirato Gaspard
Monge, giunto in Italia al seguito delle armate di Napoleone.
Negli stessi anni gli scritti di Arthur Young, tradotti in francese
e tedesco, esaltano la perfezione del sistema irriguo delle campagne
milanesi che, a parere dell'agronomo inglese , non ha pari in
Europa per estensione e complessità. Mentre negli altri
stati mancano esempi significativi, in Lombardia la costruzione
dei primi canali - Naviglio Grande, Muzza - risale all'età
medioevale.
Young descrive anche il suo arrivo a Milano, città che
che egli osserva al centro di una vasta pianura e totalmente
circondata d'alberi tanto che la si scorge solo entrandovi.
"Noi possiamo mostrare
agli stranieri la nostra pianura tutta smossa e quasi rifatta
dalle nostre mani; sicchè il botanico si lagna dell'agricoltura,
che trasfigurò ogni vestigio della vegetazione primitiva.
Abbiamo preso le acque degli alvei profondi dei fiumi e degli
avvallamenti palustri e le abbiamo diffuse sulle aride lande.
La metà della nostra pianura , più di quattromila
chilometri , è dotata d'irrigazione, e vi si dirama per
canali artefatti un volume d'acqua che si valuta a più
di trenta milioni di metri cubici ogni giorno. Una parte del
piano, per arte che è tutta, nostra verdeggia anche nel
verno, quando all'intorno ogni cosa è neve e gelo. Le
terre più uliginose sono mutate in risaie; onde, sotto
la stessa latitudine della Vandea, della Svizzera, della Tauride,
abbiamo stabilito una coltivazione indiana".
Cerco di immaginare come poteva essere il paesaggio descritto
da Carlo Cattaneo nel 1844, non senza un pizzico di partigianeria
tutta lombarda, e fatico a riconoscere sul terreno i segni di
una fertile campagna dove ai filari delle viti si alternavano
le file dei gelsi.
Mi metto dalla parte del botanico ma provo grande simpatia per
l'agricoltore.
Fatico a pensare alla bellezza dei nostri corsi d'acqua.
Respiro la sofferenza di troppi terreni sottratti all'agricoltura
e sacrificati alla speculazione edilizia o all'incuria e troppe
acque utilizzate per lo scarico di sostanze inquinanti.
Sento il lamento delle terre agricole violate e dei corsi d'acqua
abbandonati. La voce flebile del Bozzente e dell'Olona dove sopravvivono
ancora alcuni mulini e parecchie cascine mentre sono orami completamente
sparite la fascia alberata lungo le rive del fiume e le vaste
zone boschive. Le ultime propaggini dei boschi sopravvivono a
cavallo delle province di Milano e Varese e soprattutto lungo
il medio corso dell'Olona. Ci parlano ancora di un territorio
ricco di interesse paesaggistico e di storia. Conoscerlo significa
anche difenderlo.
Una sfida aperta anche per l'Expo 2015.
Racconti di viaggio:
P. de Commynes( 1445- 1511):
Memorie ; G.Monge: Dall'Italia;
A.Young: Travels during
years 1787-1788-1789; C.Cattaneo: Notizie naturali e civili
sulla Lombardia .
In Il Villoresi l'ultimo
Naviglio Giorgio Bigatti ha approfondito la storia della
costruzione del Canale Villoresi inserendola nel più vasto
panorama della storia del sistema irriguo della pianura lombarda.
(Consorzio Est Ticino Villoresi, 2011)
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