La torre di Caprona
 ...veggendo sé tra nemici cotanti.


caprona

Per ch’io mi mossi, e a lui venni ratto;
e i diavoli si fecer tutti avanti,
sì ch’io temetti ch’ei tenesser patto:

così vid’io già temer li fanti
ch’uscivan patteggianti di Caprona,
veggendo sé tra nemici cotanti.

(Inferno XXI, vv 91-96)


Ci troviamo nella quinta bolgia dell’VIII cerchio, dove vengono puniti coloro che in vita peccarono di baratteria e che ora, in base alla legge divina del contrappasso, sono totalmente immersi nella pece. All’improvviso il cammino di Dante e Virgilio viene ostacolato da un gruppo di diavoli che sembrano avere intenzioni tutt’altro che buone. L’autore dell’Eneide si fa avanti per cercare di dialogare con i mostri infernali e, una volta risolta la difficile situazione e ottenuto un accordo, invita il poeta fiorentino ad avvicinarsi (Per ch’io mi mossi, e a lui venni ratto).


caprona
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Dante trema dalla paura nell’istante in cui i diavoli si fecer tutti avanti, ma è un timore che già conosce, è lo stesso timore che ha già letto nello sguardo dei fanti ch’uscivan patteggianti di Caprona. A chi si riferisce precisamente il poeta fiorentino con questa similitudine? Chi sono questi fanti intimoriti a cui lui si paragona? È necessario un breve approfondimento storico. È il 16 agosto 1289 e, dopo un assedio lungo otto giorni, l’esercito delle Lega guelfa di Toscana, formato soprattutto da Lucchesi e Fiorentini, si fronteggia con le truppe ghibelline del comune di Pisa, allora retto da Guido di Montefeltro. I guelfi, dopo un feroce scontro, riuscirono a vincere e tolsero ai pisani alcuni castelli, tra cui quello di Caprona. In mezzo ai quattrocento cavalieri della milizia fiorentina c’era anche Dante Alighieri, che all’epoca della battaglia aveva ventiquattro anni.


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Quando lo sperone roccioso era ancora sostanzialmente integro era possibile scorgere intorno alla torretta i resti del forte medievale
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Fino agli anni cinquanta a qualche centinaio di metri a ovest dei suddetti ruderi erano visibili le mura di un palazzo mai portato a termine da Cosimo III

Oggi, purtroppo, non è rimasto niente del castello espugnato da Dante e dai suoi compagni di esercito; la fortezza, infatti, fu smantellata dai fiorentini nel 1433. L’unico simbolo delle vicende medievali che si svolsero in questi luoghi è una Torre costruita nel XIX secolo, una volta denominata “degli Upezzinghi”, e oggi nota semplicemente come “Torretta di Caprona”. La torre si erge sulla cima di uno sperone roccioso, ciò che resta di un’antica cava, tra il versante sud dei Monti Pisani e il paese di Caprona, una frazione del comune di Vicopisano.

È una posizione strategica, riparata alle spalle dai monti e con la vista aperta verso tutta la pianura di Pisa e l’ultimo tratto del fiume Arno. In epoca medievale la rocca di Caprona era un punto di comunicazione fondamentale con la vicina fortificazione della Verruca, luogo che i pisani utilizzavano per avvistare i nemici lucchesi e fiorentini e di cui oggi si conservano alcuni resti. Purtroppo, attualmente la Torre versa in uno stato di abbandono, ma vale comunque la pena fare una passeggiata immersi nel verde degli oliveti per raggiungerla, anche soltanto per godere della vista.


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Ai piedi della parete rocciosa è stata posta un’epigrafe in cui possiamo leggere i versi danteschi che, a distanza di tanti secoli, riescono ancora a ricondurci con la mente in mezzo alle interminabili guerre tra pisani, fiorentini e lucchesi. Dalla piana di Pisa, rivolgendo lo sguardo verso i monti, gli occhi sono subito catturati dalla suggestiva e scenografica immagine dello sperone roccioso sul cui bordo spunta il profilo della torretta che, dall’orlo del precipizio, domina quei luoghi che videro trionfare il giovane Dante e i suoi compagni fiorentini.


Le fotografie storiche sono tratte dal sito:
Le vie del brigante - La torre di Caprona

Marzo 2021, Silvia Ciampi  
 fotografie di Celeste Monti