La via Regina da Rezzonico a DongoLa via, dopo un tratto a mezza costa, risale, lungo un percorso già secondario in epoca medioevale, un colle dalla cui sommità si controllavano i transiti via terra e via lago sede di una possente fortezza viscontea divenuta nel Cinquecento dimora del pirata Gian Giacomo Medici detto il Medeghino.
Lasciato alle spalle il castello di Rezzonico, una breve salita ad una cappelletta permette di raggiungere il sentiero per uscire dal paese e superare la galleria sull'attuale tracciato della Via Regina. Lungo il lago è percorribile a piedi o in bicicletta il vecchio percorso della statale. La via è ben indicata anche dalla segnaletica predisposta per il Giubileo del 2000; corre a mezza costa con tratti asfaltati. Si cammina godendo di vedute sul lago e scorci di paesaggi agresti: ampi terrazzamenti un tempo coltivati con viti, gelsi, ulivi ed ortaggi sono ancora oggi occupati in larga parte da rigogliosi ulivi, piccole vigne, orti e terreni lasciati a pascolo. Il sentiero più alto raggiunge Cremia e le frazioni più a monte mentre sul lungolago compaiono i due campanili accostati di San Vito. Dell'antico edificio romanico restano, infatti, solo alcune parti della primitiva costruzione ed il piccolo campanile leggermente pendente a cui si affianca quello più massiccio aggiunto tra il XVI e XVII secolo. Una ciminiera e lo stabilimento della torcitura della seta ristrutturato sono oggi significativi esempi di archeologia industriale. Anche nel paese successivo, Pianello del Lario, sopravvivono testimonianze della fiorente attività manifatturiera di lavorazione della seta: uno dei vecchi stabilimenti è stato riadattato per ospitare il Museo della barca lariana.
Attraversato l'abitato di Calozzo Mianico, la Via Regina conduce a Musso. Lungo la strada sorge la parrocchiale di San Biagio (già intitolata ai santi Nazaro e Celso) che conserva nell'abside parti della primitiva costruzione trecentesca. Nel piazzale laterale all'ingresso è collocata una vasca battesimale di epoca medioevale mentre, a lato della chiesa. sorge il campanile settecentesco. Dal lungolago appare, su una prima balza rocciosa del Sasso di Musso, la chiesa di Sant'Eufemia. La
salita in acciottolato conduce alla frazione di Genico
e quindi un ripido sentiero, in breve tempo, permette di giungere
dinnanzi alla chiesa seicentesca preceduta da un portichetto. La
lunga e faticosa strada a monte era una via obbligata per superare
l'impervio Sasso prima che fosse costruito un passaggio più vicino
al litorale. Una leggenda vuole che la dedicazione della chiesa,
forse in precedenza intitolata a San Childerico, sia in onore di una
pia donna di Sueglio che avrebbe attraversato il lago separando con
una sega le acque. Sulle
ripide rocce sottostanti, nell'Ottocento, il nobile Giuseppe Manzi
allestì un giardino di piante esotiche in mezzo a grotte, gallerie e
giochi d'acqua che chiamò il “Giardino del Merlo”. Poco lontano da Sant'Eufemia sorgono parte dei resti della possente fortezza viscontea divenuta nel Cinquecento dimora di Gian Giacomo Medici detto il Medeghino che, per dieci anni, tenne sotto il suo dominio il Lario e le terre limitrofe. Il Medeghino ampliò la fortificazione e realizzò la “tagliata”, un profondo fossato nella roccia per difendere il suo maniero alle spalle. Nel 1532, quando il Medeghino fu scacciato dalle forze riunite di Francesco II Sforza, Svizzeri e Tre Leghe Grigie, il castello fu in gran parte distrutto ad eccezione della chiesa di Sant'Eufemia. In cima allo sperone roccioso sono oggi ancora visibili parti del forte più elevato, in prossimità delle cave di marmo aperte nel tempo a varie quote ed attualmente completamente dismesse. Dal pianoro di Sant'Eufemia il sentiero scende in mezzo ai boschi di castagni in direzione della piana di Dongo; a tratti, sono ben visibili sui sassi i segni del passaggio dei carri. La Via Regina giunge a Martinico, la frazione più antica di Dongo dove sorge la romanica chiesa di Santa Maria risalente al XI secolo. Semplice ed essenziale nelle linee architettoniche, presenta decorazioni di marmo bianco e nero e sculture sul portale laterale e nell'abside. Dongo, che insieme a Gravedona e Sorico a partire dal XVI secolo appartenne al territorio delle Tre Pievi, ebbe un ruolo di particolare importanza quale sede di mercati e di commercio di materiali ferrosi estratti dai giacimenti della vallata. La località si trovava, infatti, su un'importante via di collegamento tra l'Italia e la Svizzera attraverso il Passo di San Jorio. L'attività di lavorazione del ferro fu assai fiorente offrendo ai locali numerose opportunità di lavoro nelle ferriere sorte nella piana. La parrocchiale di Santo Stefano che sorge in prossimità del lago, ha subito numerosi rifacimenti in seguito a successivi interramenti provocati dalle piene del torrente Albano. L'attuale chiesa settecentesca vanta numerosi affreschi e statue a stucco coeve. In prossimità del ponte sull'Albano è meta di particolare
devozione il Santuario della Madonna delle Lacrime, chiesa
cinquecentesca che trae origine da un effigie miracolosa. Nel Seicento
venne costruito il convento dei francescani che comprende un chiostro
principale decorato da affreschi con le storie di San Francesco, un
chiostro minore ed una ricca biblioteca.
All'interno della chiesa, oltre al dipinto della Madonna miracolosa posto sull'altare maggiore, sono degne di nota le statue lignee seicentesche a grandezza naturale opera di Fra Diego da Careri che rappresentano le scene dell'Ultima Cena e della Crocifissione. A Dongo è legato anche il ricordo di un evento della storia recente. Il 27 aprile1945 presso questa località venne fermata dai partigiani della 52° Brigata Garibaldi la colonna tedesca in cui si trovavano Mussolini ed alcuni dei suoi ministri. Questi ultimi furono fucilati sulla piazza antistante il molo mentre l'esecuzione di Mussolini avvenne poco lontano, a Giulino di Mezzegra.
Aprile 2016 Rosalba Franchi
Recensione di Sergio Redaelli
|
Photo album created with Web Album Generator