Le ipotesi e le conoscenze scientifiche nell’Europa del Medioevo
di Anna Brian

Nel Medioevo, a causa della caduta dell’impero romano e della diffusione del cristianesimo nel mondo occidentale, si determinò un nuovo indirizzo nella ricerca filosofica. Il cristianesimo riportò gli uomini all’interiorità spirituale, proprio in virtù dei suoi capisaldi; a ciò si aggiunse la precarietà dell’esistenza dovuta alla situazione storica. Quindi inizialmente il pensiero medioevale, coltivato da uomini di Chiesa, si occupò soprattutto di problemi religiosi, mentre tutto ciò che non è spirituale ma fa parte dell’esperienza esterna dell’uomo passò in second’ordine. Tuttavia con l’evolversi delle città, della cultura, con la rinascita economica e grazie alla riscoperta di Aristotele e ai contatti col mondo arabo si cominciò a sentire la necessità di studiare la natura.

Possiamo distinguere quattro fasi principali in quest’evoluzione del pensiero scientifico, ciascuna caratterizzata dall’opera di filosofi che tentarono di dare risposte al problema della conoscenza del mondo che ci circonda ed elaborarono ipotesi per spiegarne le leggi.

Nella prima fase, che arriva fino all’età carolingia, la cultura era depositata nelle scuole istituite presso i monasteri e, in maniera più modesta, presso i vescovi; queste scuole servivano alla formazione religiosa dei monaci e dei prelati, ma a partire da esse Carlo Magno avviò la sua rinascita culturale.

Con la fondazione del Sacro Romano Impero, l’asse politico si spostò dall’Italia al Nord Europa e contemporaneamente si raggiunse uno stato d’equilibrio politico cessando le migrazioni e le guerre.

Per completare la sua opera di civilizzazione e cristianizzazione Carlo Magno diede grande impulso alla cultura ordinando di istituire scuole per tutti che insegnassero salterio, solfeggio, canto, calcolo ecclesiastico e grammatica. Lo scopo era soprattutto religioso, ma venivano impartiti anche insegnamenti diversi.

La scienza in questo periodo non era ancora coltivata in se stessa, ma rientrava marginalmente nel filone del pensiero cristiano che tentava di spiegare e conciliare fede e rivelazione. Il maggiore filosofo dell’epoca carolingia fu Giovanni Scoto che interpretò la natura e il mondo come espressioni della volontà divina: Dio crea il mondo nello spazio e nel tempo ed è al tempo stesso il fine a cui il creato tende.


La seconda fase tra il IX e il XII secolo vide un risveglio della cultura, le riforme monastiche e il rinnovamento politico della Chiesa.

Dopo l’anno 1000 con l’accresciuto potere delle città e quindi dei vescovi si formarono grandi scuole presso le cattedrali che divennero punti di riferimento culturale, elaborando pensieri originali. A queste scuole, che sfoceranno poi nelle Università, convenivano studenti da ogni parte come clerici vaganti e goliardi. Filosofia e teologia erano sempre le discipline più importanti alle quali si subordinavano le altre suddivise in trivio che comprendeva grammatica, retorica, dialettica e quadrivio che comprendeva aritmetica, geometria, astronomia, musica.

Grande importanza culturale assunse in questo periodo la scuola di Chartres, fra i cui esponenti va ricordato Teodorico di Chartres (morto verso il 1154) per la sua interpretazione in modo meccanicistico della creazione. Dio creò i quattro elementi (aria e fuoco che costituiscono il cielo e acqua e terra che costituiscono la terra) disponendoli in sfere concentriche; la sfera di fuoco ruotando illumina l’aria e provoca la distinzione fra giorno e notte, successivamente fa vaporizzare l’acqua separandola dalla terra sulla quale il suo calore crea la vita e origina la comparsa dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio. La materia è composta di particelle elementari e segue leggi meccaniche.

Secondo Adelardo (1090-1160), che si rifece a Platone, il mondo rispecchia il mondo delle idee, ma per capire la sua varietà bisogna studiarlo scientificamente; non negò che Dio sia la causa universale di tutti gli effetti, ma sostenne che solo la ragione può conoscere distintamente le singole cose.

Infine si occupò di scienza Ugo di San Vittore (nato nel 1141) che definì la matematica e la fisica come scienze astratte, infatti la matematica astrae dalla realtà gli elementi che sono confusi insieme come per esempio la linea che non esiste da sola, ma è accompagnata da un certo spessore, mentre la fisica astrae gli elementi che nei corpi sono confusi e cioè aria, acqua, terra e fuoco, i quali a loro volta sono formati da atomi. Egli affermò anche che la materia non si può distruggere né creare.

Nel XIII secolo si colloca la terza fase, nella quale si risvegliò l’interesse per la filosofia naturale. Si diffuse l’aristotelismo dapprima osteggiato dalla Chiesa come eretico, finché S. Agostino lo recuperò in senso cristiano.

In questo periodo si fondarono le Università come istituzioni che, ricollegandosi alle corporazioni medioevali delle arti e dei mestieri, riunirono i maestri e i discepoli di un determinato studio (giurisprudenza, medicina, teologia, filosofia, ecc.). La tecnica d’insegnamento si basava sulla lectio, lettura e commento di un autore, seguita dalla questio, cioè discussione di un problema. Ma importante era anche la disputatio, che veniva programmata a scadenze regolari e che verteva su un argomento scelto dal maestro. Tutti i partecipanti proponevano soluzioni che poi il maestro accettava o rifiutava a seconda che coincidessero o no con la sua visione.

In questo clima emersero filosofi in parte precursori del metodo scientifico, in quanto sostennero l’importanza dell’osservazione sperimentale e la differenza tra ciò che può essere verificato e ciò che si crede per fede.

Bonaventura (1221-1274) sostenne che la conoscenza viene dai sensi, pur riconoscendo che senza la ragione, che viene direttamente da Dio, l’anima non potrebbe usarla. Inoltre considerò la luce come forma fondamentale di tutti i corpi.

San Tommaso fu soprattutto un teologo, ma s’interessò del problema scientifico commentando Aristotele. La conoscenza permette di astrarre il particolare dall’universale, ma non fornisce una soluzione razionale o dimostrativa della creazione. Nell’universo fisico vi sono esseri eterni (gli angeli) ed esseri soggetti alla generazione e corruzione (quelli composti dai quattro elementi). In mezzo si trovano i corpi celesti perché hanno un doppio movimento, quello eterno di rotazione intorno ai poli del mondo, e quello mutevole di rotazione intorno ad un asse perpendicolare all’ecclittica.

Per Ruggero Bacone (1210- 1292 circa) che pur non essendo originale né un vero sperimentatore, sostenne l’importanza dell’esperienza, si conosce per autorità, ragionamento, esperienza. L’autorità genera la fede, ma persuade solo se è giustificata dalla ragione. Il ragionamento però da solo non basta se non si verificano le conclusioni come nelle scienze sperimentali; ma l’esperienza è anche illuminazione divina. Si occupò di matematica, astronomia, ottica e iniziò un’enciclopedia delle scienze.

Importante scienziato fu Teodorico di Freiberg vissuto fra il 1200 e il 1300 che studiò l’ottica: fu il primo a spiegare che l’arcobaleno è causato dalla rifrazione della luce.

Anche il polacco Witelo s’interessò d’ottica facendola coincidere con la fisica stessa, perché riteneva che la luce è lo strumento usato da Dio per esercitare la sua azione nel mondo.


Notevole per gli sviluppi successivi è il pensiero di Duns Scoto (nato tra il 1266 e il 1274 e morto nel 1308), perché distinse fra scienza e fede. Secondo il suo pensiero la scienza si occupa solo di ciò che può essere dimostrato, perciò la teologia non è scienza perché non si basa su principi naturali evidenti. Dato che l’intelletto è limitato, non può dimostrare la verità assoluta e perciò la nostra conoscenza è solo fisica. Con l’astrazione però si può raggiungere l’intelligibile (metafisica), ma solo con la teologia l’uomo può conoscere il suo fine ultimo che consiste nella felicità in Dio.

L’ultima fase, il trecento, iniziò con una presa di posizione altamente teocratica da parte di Bonifacio VIII, alla quale corrispose però una profonda crisi della Chiesa.

Importante pensatore di questo secolo è Guglielmo di Occam nato in Inghilterra nell’ultimo decennio del ‘200 e morto presumibilmente nel 1349. Riprendendo Duns Scoto sostenne che la conoscenza può essere solo empirica, ma non escluse la possibilità di un’intuizione dell’intelletto che apra la via ad una conoscenza, relativa, di ciò che non è sensibile o materiale. Per lui la fisica è legata ad alcuni principi metafisici di derivazione aristotelica, ma introdusse anche concetti nuovi. Considerò la creazione del mondo ab aeterno solo come più probabile. Sostenne che i principi del divenire sono materia e forma, ma la materia non può esistere senza estensione. Criticò il principio del rapporto causa-effetto proprio sulla base del suo empirismo, in quanto le conoscenze ci danno solo informazioni intuitive con le quali possiamo concludere che due effetti sono legati se al verificarsi di uno si verifica anche l’altro, perciò le spiegazioni casuali hanno un valore empirico limitato. A lui si deve anche un’anticipazione del principio d’inerzia; egli disse, infatti, che affinché un corpo si muova non è necessario un motore e citò ad esempio il proiettile che continua ha muoversi dopo che è stato lanciato. Inoltre anticipò la relatività galileiana del movimento sostenendo che le determinazioni spaziali (alto, basso, centro) sono relative all’universo in cui vengono determinate; questo concetto presuppone la possibilità di infiniti mondi. Il concetto di infinito per Occam è lo stesso di quello matematico attuale; egli infatti dichiarò che una parte può non essere minore del tutto se il tutto è composto di parti infinite.

Seguace di Occam fu il francese Giovanni Buridano, nato verso la fine del ‘200 e morto dopo il 1348. Nella fisica elaborò la teoria dell’impetus, secondo la quale lo slancio conferito ad un oggetto per metterlo in movimento rimane in esso come impetus che diminuisce perché sul corpo agisce la resistenza dell’aria. L’impetus è proporzionale alla velocità e alla quantità di materia di un corpo. Egli spiegò anche la caduta dei gravi con l’impetus che essi ricevono dall’attrazione verso il loro luogo naturale, che ne accelera il movimento. Si nota chiaramente in queste affermazioni l’anticipo dei moderni concetti di energia cinetica e potenziale. Buridano applicò questa teoria al movimento dei cieli , messi in moto da un impetus comunicato da Dio, che si conserva perché non è ostacolato da forze.

Infine ricordiamo Nicola di Oresme morto nel 1382, che si occupò della caduta dei gravi studiando la relazione fra spazi e tempi che sarà poi enunciata da Galilei; per le rappresentazioni grafiche usò un sistema di coordinate precursore di quelle cartesiane.

Possiamo perciò concludere che in questi scienziati del 1300 ci sono i primordi della scienza moderna come sarà poi enunciata da Copernico, Galilei, Cartesio.





 


Ritorna alla pagina delle ricerche