L ' AGRICOLTURA NEL MEDIOEVO A LEGNANO


Agli inizi del millecinquecento, Legnano era un grosso centro agricolo. Aveva case, botteghe e cascine situate, in due distinti nuclei, sulla sponda destra (contrada granada) e su quella sinistra (Legnarello) del fiume Olona, che costituiva la spina dorsale del borgo. Favorita dalla fama per le gloria passate, Legnano si avvantaggiò anche con i suoi traffici fluviali. Anche l 'agricoltura legnanese fu influenzata dal dalle riforme illuministiche giunte fin qui. Ben diciassette mulini ad energia idraulica sfruttavano le acque del fiume. Le campagne della fertile piana irrigata dall 'Olona, con le sue ramificazioni e le numerose rogge, l 'allevamento del bestiame e l 'artigianato costituivano le fonti di benessere della popolazione che abitava le case o corti, piccoli fortilizi agricoli muniti di stalle, fienili, porte carraie e edifici civili dove viveva i vari nuclei famigliari.

La fertile pianura era coltivata a frumento, mais, orzo e foraggi, mentre le colline erano ricoperte da rigogliosi vigneti e frutteti. E' di questo la costruzione del Cavo Diotti per irrigare i campi. Il successivo frazionamento delle aziende agricole, con i conseguenti bassi redditi che offriva, non tali a soddisfare il fabbisogno delle famiglie, spingeva ad integrare il lavoro nei campi, svolto in prevalenza dagli uomini, con altre attività: la sera i contadini legnanesi si trasformavano in filatori o tessitori di cotone, di lana o di seta.

LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE NEL MEDIOEVO.

Il Medioevo non disperse tutto il patrimonio culturale o tecnico dell ' antichità. Infatti specie nel Basso Medioevo, cioè dopo il Mille, si assisté ad un lento ma sicuro progresso tecnologico, che in parte recuperava e migliorava le conoscenze dell 'età classica e in parte era frutto di piccole e grandi innovazioni elaborate dall 'ingegnosità di anonimi contadini e artigiani. Emblematico può essere considerato il caso del mulino ad acqua, una macchina che, utilizzando una fonte energetica abbondante in natura e a costo zero, riusciva a produrre quanto quaranta operai. Già conosciuto in epoca Ellenistica, il mulino passò dall 'Oriente all 'Europa. Analogamente alle altre macchine inventate, fu scarsamente impiegato perché la forza degli schiavi risultava, tutto sommato, economicamente conveniente. Con la crisi dell 'Impero romano il suo uso si diffuse, oltre che in Italia, anche in tutta Europa; lo troviamo nella Gallia, nel centro Europa e anche in Scandinavia e Polonia.

I motivi di successo di questa macchina vanno ricercati nelle nuove caratteristiche dell 'agricoltura europea, ma anche nelle modificazioni dei rapporti sociali nelle campagne. Da una parte i signori avevano con i loro fittavoli in rapporto che obbligava questi a macinare il grano nei loro mulini. Si realizzava quindi un doppio guadagno: uno diretto perché ricavava un certo profitto dalla macinazione e un guadagno indiretto visto che era in grado di controllare meglio i raccolti dei contadini e perciò di controllare con esattezza i prelievi fiscali. Il vincolo dei contadini al mulino signorile comportò l 'instaurazione di un sistema di sorveglianza e di controlli che continuò anche quando i contadini erano divenuti liberi proprietari della terra. Esso inoltre aprì la strada a innumerevoli contese per eliminare tramite ispezioni, multe e sequestri le antiche macine domestiche con le quali i contadini lavoravano. Col passare degli anni il mulino si moltiplicava con lo sviluppo delle città. Almeno in una prima fase i mulini servivano per macinare il grano o altri cereali che erano essenziali agli abitanti delle città.

Poi l 'ampliamento degli scambi e parallelamente allo sviluppo dell 'artigianato e dell 'industria, che si concentravano nelle mura urbane, aumentarono le possibilità di utilizzo dei mulini. Decisiva a tale scopo fu l 'invenzione dell 'albero a camme, che tramite un movimento alternato permetteva di azionare assi all 'estremità dei quali erano fissati magli, cunei, le lame per le lavorazioni artigianali. Il mulino si inserì nel ciclo lavorativo della lana, azionando le gualchiere, che effettuavano la follatura della fibra. Mentre nei borghi e nelle città i corsi d 'acqua si punteggiavano di mulini , nelle campagne veniva introdotta la rotazione triennale. Se in precedenza solo metà del terreno agrario poteva essere sfruttato ogni anno, poiché l 'altra metà doveva essere lasciata a riposo, o maggese, per recuperare condizioni di fertilità, adesso invece grazie al clima migliore e ad altre innovazioni concomitanti come l 'aratro pesante, la superficie coltivabile poteva essere divisa in tre parti: una veniva destinata ai cereali primaverili (come l 'avena) o alle leguminose, una ai cereali seminati in autunno (come il grano), mentre soltanto la terza parte rimaneva a maggese. Con tale sistema la superficie aumentava di un terzo e si otteneva in caso di avversità ambientali un minimo di prodotti destinati alla sussistenza.

Più adatta al clima centrosettentrionale, la rotazione triennale era in grado di soddisfare le necessità alimentari di una popolazione in rapido aumento, ma apriva la strada ad altri importanti progressi dell 'agricoltura. La accresciuta disponibilità di leguminose forniva apporti nutritivi importanti e l 'incremento di produzione di avena permetteva di tenere il cavallo come animale da traino al posto del bue. Come si vede alcuni miglioramenti ne innescano altri. Così l 'evoluzione raggiunta nella forgiatura del ferro e le possibilità offerte dalla rotazione triennale stimolarono la sostituzione del tradizionale aratro semplice di origine romana con il grande aratro a ruota (la carruca) in grado di scavare solchi ampi e profondi anche in terreni tenaci. Il nuovo aratro in oltre era dotato di una lama di ferro ricurva (il versoio) che rovesciava la zolla e favoriva il ricambio di sostanze organiche nel terreno.

A sua volta l 'aratro pesante implicò ulteriori sviluppi della tecnica. Favorì innanzitutto l 'introduzione dell 'erpice di ferro per sminuzzare le zolle grosse e dure e parallelamente sollecitò la scoperta di un nuovo sistema di agganciamento degli animali destinati al traino. Infatti a causa della sua mole, fu necessario abbandonare il tradizionale sistema di cinghie passanti sotto la gola e la pancia dell 'animale, adottando un meno pericoloso e razionale giogo frontale, capace di fornire una resa quattro volte superiore, mentre per il cavallo si fece ricorso al collare a spalla e alla ferratura degli zoccoli. Fu mediante queste e altre innovazioni che poterono essere portate a compimento tra il XI e il XIII secolo quelle grandi opere di dissodamento a cui furono interessate, oltre al nord Italia, la Francia, la Germania, i Paesi Bassi, e la Penisola Iberica e che consentirono all 'Occidente di raddoppiare nel giro di due secoli la superficie agraria a sua disposizione.

 

BIBLIOGRAFIA:

-"Profilo Storico della Città di Legnano" Edizioni Landoni

-"Percorsi di Storia" Edizioni Giunti




Ritorna alla pagina delle ricerche